Una dj che non lascia indifferenti. Fresca nelle sue affilate selezioni, decisa nell’immagine e caustica nell’umorismo. In arte “cinica”, ma non avara di risposte. Ecco l’intervista che avevo in mente da un po’…
Domanda di rito, non si scappa. Una mezza idea possiamo già averla, ma, al di là del significato letterale, come mai questo nome d’arte?
La fascinazione per la lingua tedesca è una cosa che mi accompagna da anni, una lingua che da molti è ritenuta spigolosa e “aspra”, non poetica. A me piace proprio per questo. Perché è un “gusto acquisito”, non per tutti. Volevo quindi incorporarla, trovando un termine che mi descrivesse appieno, ed essendo io una persona decisamente cinica (cinismo che contraddistingue anche lo humour che apprezzo e che mi definisce), ho pensato, “perché no?”. Dopotutto mi serviva qualcosa che mi rappresentasse. Ecco quindi come è nato il nome d’arte “Zynische”.
Dj apprezzatissima per la proposta ricercata e genuina, ma la tua esperienza in campo musicale non si limita alla consolle. Ti va di raccontarci come sei approdata al lato oscuro della musica?
Da piccolissima i CD in casa non erano molti, ma ricordo distintamente alcune compilation di musica new wave. Mio padre è sempre stato molto ‘eterogeneo’ negli ascolti e mi ha dato sicuramente dei suggerimenti azzeccati nel corso del tempo. Un po’ per caso, e sicuramente per fortuna, a un certo punto della mia adolescenza un amico, dj piuttosto noto nella scena, mi ha fatto da “mentore” fornendomi musica che difficilmente avrei conosciuto e ascoltato altrimenti (sicuramente non a 13/14 anni, come è successo a me). Da allora è iniziata una lunga storia d’amore verso questo tipo di musica e verso la sottocultura in sé.
Essere più giovane della media dei selezionatori non significa necessariamente avere meno conoscenza di un determinato settore musicale. Confrontarsi con dj “storici” spinge ad attingere dalle loro esperienze o a volerle superare?
Per me venire a contatto con altri dj è uno stimolo necessario e che mi spinge sempre a migliorarmi. Devo dire che il gap di età è sicuramente una cosa che intimorisce all’inizio, quando si è alle prime armi e si teme il giudizio dei colleghi più “vissuti”. Tuttavia ho cercato, nel tempo, di non lasciare che fosse quello il fattore determinante di “confronto”, bensì la qualità/varietà della musica e dei set proposti. Sicuramente ogni dj che ho conosciuto o con cui ho collaborato mi ha lasciato qualcosa, a livello di esperienza. Vedo con tristezza molte scalette preconfezionate in giro, mai variate, che sfruttano i “riempipista”. Per me la cosa essenziale è rappresentare e comunicare ciò che sento, a prescindere dalla popolarità dei pezzi e di chi li suona. Ogni mio set contiene pezzi che per me (spesso a livello di testo) hanno un grande significato. Altri sono pezzi con cui sostanzialmente mi diverto molto. Questo però non significa che le scalette rimangano invariate. Anzi, cerco sempre di comunicare col pubblico tramite brani sempre nuovi, per fornire un’esperienza sempre diversa.
Essere una giovane donna attraente e di talento, e stare dietro a una consolle. Ovvio, come in ogni ambito: bisogna dimostrare il doppio e stare il triplo più attente, e si sarà comunque il quadruplo più criticate. C’è mai stato un momento in cui ti sei detta: “ne ho abbastanza, con questo dannato mondo di apparenze ho chiuso”?
Più di qualche momento, direi. Non che io non ci tenga a presentarmi bene: sono sempre molto attenta a curare anche il mio aspetto quando mi preparo per una serata o per un evento a cui tengo. Tuttavia, se devo essere sincera, lo faccio solo per mettere a bada le mie (tante) insicurezze, e per sentirmi più a mio agio mentre suono e mentre sto in mezzo alle persone. Credo sia lo stesso per molta gente che mi circonda. Diventa però spiacevole quando l’estetica diventa la parte più importante, quasi la musica venisse in secondo piano. Cosa che, devo dire, è ormai la prassi nella scena. Ci sono poche (e per fortuna ci sono) eccezioni, che vanno difese, tutelate e valorizzate. Lo stile è sicuramente importante e ci definisce, ma se poi dietro lo stile c’è il vuoto… diventa un bel problema. Mi sento di dire un’ultima cosa: ci sono poche dj donne e quelle poche che ci sono vengono spesso sottovalutate. Siate saggi: non sottovalutate mai le donne. Quelle che ci mettono passione portano spesso grandi sorprese.
Italia vs Resto del mondo: dove si suona meglio? E quale tipo di pubblico finora ti ha dato più soddisfazione?
Al momento ho suonato a Londra (in occasione di una festa privata) e ad un festival in Polonia (Return to the Batcave, nel 2018). Entrambe esperienze ottime che ricordo con affetto e che mi hanno lasciato molto soddisfatta. Però, più che come dj, la scena all’estero l’ho vissuta come spettatrice, vivendo a Londra per alcuni anni, viaggiando, e anche visitando spesso alcuni festival (come ad esempio il WGT di Lipsia). Devo dire che all’estero la scena mantiene molti connotati simili ai nostri, tuttavia c’è più apertura mentale verso le nuove proposte musicali e meno attaccamento alle “vecchie glorie”.
La scena dark/goth è sempre stata in ombra, per definizione, e una zona di comfort per tanti. Oggi come oggi avverto però una dissonanza, un disequilibrio fra le tantissime proposte valide, il culto di un’apparenza vuota e cheap e una fatica enorme nel promuovere i contenuti di qualità. Se avessi una bacchetta magica, cosa cambieresti di questa situazione?
Domanda difficile, cambierei tante cose! Una su tutte: vorrei che ci fosse meno attaccamento a ciò che c’è già stato e più interesse verso ciò che c’è (e che ci sarà). E, sicuramente, vorrei che l’apparenza tornasse ad essere un lato “collaterale” e non determinante della scena. Infine: mi piacerebbe che non ci fosse competizione fra gli organizzatori ma piuttosto una sana collaborazione. La scena è già piccola così com’è, bisogna essere uniti e farla crescere insieme.
I consueti consigli per gli acquisti: tre opere d’arte, libri o film che porteresti su un’isola deserta.
Tre opere d’arte: l’Impero delle luci di Magritte, Sappho di Charles Auguste Mengin, l’Isola dei morti di Böcklin
Libri: Norwegian wood di Haruki Murakami, Il profumo di Patrick Suskind, la trilogia di Millennium di Stieg Larsson
Film: Oldboy di Park Chan-Wook, Possession di Andrzej Zulawski, Donnie Darko di Richard Kelly
Una frase da incidere davanti alla consolle, rivolta agli spettatori.
“No alle richieste banali, sì all’inaspettato!”
L’ultima domanda è solitamente dedicata ai futuri progetti in senso artistico o professionale. Trattandosi della fine/inizio dell’anno, mi spingo oltre e ti chiedo se tu abbia fissato per il tuo 2025 qualche importante obiettivo personale, oltre che musicale.
Al momento non c’è nulla di fissato, però un buon proposito c’è: quello di provare a iniziare a fare musica e non solo a selezionarla. E spero di viaggiare e vedere qualche concerto interessante.
[Grazie, Franziska, per aver arricchito questo blog!
In attesa di ascoltare Franziska Zynische live in ogni possibile veste musicale possiamo seguirla su Facebook, Instagram e Spotify.
Photo credits: Ilenia Arangiaro per Dance of Youth]