Testimoniano la qualità e la passione dei musicisti italiani e rispondono alle mie curiosità Federica Garenna (vocals, guitars, synth and programming, composer, producer) e Frank Marrelli (guitars and e-bow, additional drums programming).
La parola “addio” rimanda all’idea di qualcosa che finisce: perché avete scelto “Les Longs adieux” come nome per la vostra band?
Federica: Se è per questo abbiamo chiamato il nostro singolo d’esordio “Goodbye”. Un addio molto doloroso è stato probabilmente il principio della mia attrazione per la musica e il tema dell’addio con tutti i sentimenti che porta con sé ci è molto caro. Per la verità abbiamo scelto questo nome citando il nostro albo preferito di Dylan Dog, il più melanconico in assoluto a parer nostro, ma sapevamo che alcuni vi avrebbero trovato un collegamento con la pellicola di Kira Muratova e per questo ci è piaciuto ancora di più.
Anno 2020: il mondo si ferma, ma l’arte no. Anzi, molti progetti nascono proprio in quel momento particolarissimo. Da quali esigenze sono nati Les Longs Adieux? Come si sono poi sviluppati, una volta cessata l’emergenza?
Federica: Nel 2020 molti di noi, costretti a fermarsi, si sono trovati ad affrontare la precarietà di cui non eravamo del tutto coscienti, l’impreparazione di fronte alle emergenze e la sfiducia nelle figure di potere e della stampa. È stato un momento veramente difficile e credo che la spinta iniziale nel formare questo duo sia stata la necessità di distrarci, di creare una dimensione migliore in cui rifugiarci. La fase acuta poi è passata, ma non il nostro bisogno di trasformare in musica le nostre emozioni. Creare per noi è quasi sempre la risposta a una pressione esterna insostenibile e ne abbiamo continuamente anche senza la pandemia.
Il vostro primo live, visto il momento storico, deve essere stato particolarmente emozionante. Come lo ricordate?
Federica: Ansiogeno ma bello. Per noi oltre che essere il primo live dopo la fase di clausura è stato il primo live in un nuovo mondo. Venivamo tutti e due da ambienti più rock ed eravamo abituati a un certo tipo di pubblico, non è stato facile esordire con un approccio completamente diverso. Negli anni i nostri live sono diventati via via più calorosi e ne ricordo più di uno veramente emozionante.
Frank: Come ha sottinteso Federica, avevamo già parecchi live alle spalle, magari non in questo mondo musicale, ma comunque eravamo piuttosto navigati. L’emozione o la tensione più che per il momento storico quindi poteva essere legata all’eventuale risposta del nuovo pubblico, ma ricordo che andò abbastanza bene.
Nel cantato della vostra produzione avete usato sia l’italiano sia l’inglese. In base a quali fattori un brano nasce in una lingua piuttosto che l’altra? Con quale vi sentite più a vostro agio?
Federica: Personalmente con l’italiano. Mi suggerisce anche soluzioni melodiche differenti, particolari. Tuttavia anche l’inglese ha i suoi pregi, ci siamo tutti abituati a considerarlo più musicale oltre che universalmente più comprensibile. Mi dispiace solo che, non essendo madrelingua, un testo in inglese mi mantiene sempre meno coinvolta emotivamente mentre lo interpreto.
Leggo che vi siete autodefiniti come esponenti della “Mediterranean wave”. In effetti nel Sud dell’Europa – e in Italia in particolare – le band darkwave si sono moltiplicate, mantenendo una qualità straordinariamente elevata. Qual è il tratto distintivo di band come la vostra, che appartengono a questo territorio?
Federica: il folklore del sud, le superstizioni, le tradizioni da sempre ci attraggono ed essendo entrambi di origini cosentine ne siamo inevitabilmente “infarinati”. Il più delle volte componiamo le cose migliori nelle nostre parentesi davanti al Tirreno o nei boschi della Sila.
Frank: sì, in effetti è più un qualcosa a livello tematico, che di conseguenza può influenzare il gusto musicale.
Vertigo, la vostra ultima release, che ha come tema-guida il crollo delle Torri Gemelle. Che tipo di importanza ha avuto questo tragico evento nelle vostre vite per diventare di ispirazione per un intero album?
Federica: Semplicemente è stato il primo evento mondiale di quella gravità accaduto nella mia epoca (ero troppo piccola per seguire Chernobyl) e il primo cosí coinvolgente, anche da lontano, visto il dispiego mediatico. In più le vittime coinvolte appartenevano tutte a una fascia simile alla mia trattandosi di persone che stavano semplicemente lavorando quindi empatizzare con quelli che immaginavo essere i loro sentimenti era più facile per me.
Metaforicamente, le torri gemelle erano edifici enormi, impotenti, a parer mio bellissimi e veder crollare in diretta due colossi così simbolici mi ha riportato la stessa solenne cupezza che si prova nel veder crollare i pilastri della propria vita. Forse perché erano due come i genitori, come le parti di una coppia. Poi elementi chiave di quel fatto come fuoco, aria, altezza, potere, destino, equilibrio da sempre mi attraggono e mi terrorizzano.
Sempre da Vertigo, c’è una traccia per voi particolarmente significativa o rappresentativa? Vi va di “raccontarcela”?
Federica: Più che una traccia in particolare c’è una frase su tutte che mi fa “vibrare”, che ho dapprima inconsapevolmente e poi volutamente inserito più volte: I can’t breathe and I can’t escape. Sentirsi prigionieri, sentirsi in trappola, centellinare l’ossigeno e poter solo aspettare un aiuto dall’esterno ricorda molto le sensazioni dell’attacco di panico… ma anche tante altre situazioni della vita che mi è capitato di dover fronteggiare. Di certo immaginare di essere bloccati agli ultimi piani di un grattacielo in fiamme rende tutti gli altri problemi della vita una passeggiata a confronto.
Tre libri, dischi o film da portare su un’isola deserta
Federica: Tre è veramente difficile ma ci provo, eh! Così su due piedi, dischi: The Cure – Pornography, Litfiba – Desaparecido, Ultravox – Vienna. Film: Blade Runner, Il Laureato, A Beautiful Mind. Libri: Ernesto de Martino – Sud e Magia, Milan Kundera – L’Insostenibile leggerezza dell’essere, Alberto Moravia – La Noia
Frank: dischi: Seventh Son Of A Seventh Son (Iron Maiden), October Rust (Type O Negative), Franks Wild Years (Tom Waits). Libri: Il Signore degli Anelli, Stagioni Diverse (Stephen King), Cime Tempestose. Film: Only Lovers Left Alive, Balla Coi Lupi, Frankenstein Junior.
Una frase da incidere all’ingresso di ogni live club, rivolta agli spettatori
Federica: Non costringermi a essere conforme alle tue aspettative ma prova ad ascoltare ciò che vorrei dirti.
Frank: divertiti e non dare fastidio al prossimo.
[Un abbraccio e un ringraziamento a Federica e Frank, che hanno voluto raccontarci così tanto di sé. Arrivederci al prossimo live!]
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