#darkinsight – Intervista a N-Ikonoclast

Visto e ascoltato la prima volta con i Lucifer for President, ho incontrato nuovamente Nicola per una chiacchierata ad ampio spettro sulla sua attività di musicista, poeta e scrittore. E sulla sua personale visione dell’Inferno.

Il tuo nome d’arte è troppo d’impatto per farmi rinunciare alla domanda: ce ne racconti l’origine?

Innanzi tutto grazie di cuore, Cristina, per questa chiacchierata, sono sempre stato un artista di nicchia, quindi le interviste mi vengono proposte solitamente dopo l’uscita di un nuovo lavoro.

Allora, il mio nome d’arte ha una genesi semplice e complessa allo stesso tempo. Infatti ho usato l’assonanza che ha con il mio nome di battesimo “Nicola” con il termine “iconoclasta”, parola di origine greca-bizantina legata a una dottrina religiosa che condannava l’uso di immagini sacre, per non correre il rischio di cadere nell’idolatria. Nel senso più lato del termine: chi combatte le tradizioni, le opinioni della società cui appartiene un anticonformista, dissacratore, ribelle, trasgressore e innovatore. Puoi comprendere che tutto ciò calzava a pennello con il mio modo di essere, perciò: N-Ikonoclast.

Musicista di lunghissima e ricchissima esperienza, ma anche scrittore prolifico e poeta. Qual è lo “strumento” con cui preferisci esprimerti, oggi come oggi? In cosa differiscono uno dall’altro?

Suono il basso, la chitarra  e canto, partendo dal presupposto non sono un virtuoso né con la voce, né con gli strumenti (sono autodidatta). Non posso negare però che la voce è da sempre stato il mio veicolo di espressione preferito. La natura non mi ha dato potenza ed estensione vocale, ma un’innata capacità di cambiare timbrica. Posso eseguire un brano death metal, come black metal, rock, blues, ma anche (cosa che prediligo) cimentarmi in cantati “malati e teatrali” alla Sopor Aeternus, Diamanda Galas o del nostro connazionale MR. Doctor, dei sottovalutati Devil Doll. La chitarra però è lo strumento con il quale trascorro più tempo. Differisce dalla voce soprattutto perché ti permette di comporre, mentre con la voce, almeno per me, risulta impossibile.

In ordine cronologico: Etrom, Death dies, Ensoph, IsRain, Lucifer for President. Una carriera musicale lunga, variegata e densa. C’è, fra tutti, un brano o un album che consideri il tuo manifesto o che racconta meglio di altri l’essenza della tua arte?

Una domanda difficile, di sicuro il pezzo “Season” contenuto in “Trees never sleep” degli IsRain, perché è stato il primo in cui ho sperimentato la voce pulita alla NIN, “Sister of pain” dei Death Dies perché contiene un riff di chitarra glaciale, “Sex Drugs and Rock and Roll” dei Lucifer for president, per le sonorità punk, rock and roll, “Satan saves” sempre dei Lucifer per il suo riff granitico… Con gli Ensoph sarebbe troppo difficile citarne qualcuna. Forse “Salmo a nessuno”, “Un Petalo di pietà”, “Proudly divine”, “The whore and the ascetist”, “Kirillow Ballet”, tutti pezzi in cui ho sperimentato voci dark/goth, scream e recitati teatrali e deliranti.

Quattro romanzi e cinque raccolte di poesie: leggendo la tua bio non ho dubbi che anche in queste opere tu abbia voluto riversare molto del tuo vissuto. Quale libro fra quelli che hai pubblicato ci consiglieresti di leggere per conoscerti meglio?

Senza ombra di dubbio il mio primo libro “Schegge di vetro-pensieri inquieti”, è un libro di poesia che amo in particolar modo.

E l’ultimo mio lavoro, il romanzo “L’inferno dietro la porta” autobiografico al 100%, in cui racconto tre mesi di vita dopo l’esperienza dell’encefalopatia, un concentrato di alcol, droghe, depressione, sesso, bisogno di amare e di essere amati e infinita solitudine. Personalmente non riesco a rileggerlo, mi disturba troppo.

Da saltuaria frequentatrice del mondo del tatuaggio, ho sempre avuto l’idea che si tratti di una sorta di “storytelling” su pelle, prima ancora che di “disegno”. Ti va di raccontarci la storia di uno dei tuoi tattoo?

La parola che hai usato, “storytelling”, è azzeccatissima, non mi tatuo mai a caso, scegliendo soggetti che si scostano dagli altri, come chi ad esempio ha tatuato il nome della squadra del cuore, quello dell’amata/amato, le impronte del proprio gatto o cane, magari assieme a temi trovati sulle riviste in sala di attesa.

I miei tatuaggi sono tutti di stampo esoterico. Su un polpaccio ho l’immagine del Baphomet, che molti confondono con Satana, ma è stato disegnato dall’occultista Levi. Esso rappresenta la conoscenza, la libertà e la perfezione, concetti utopistici per noi comuni mortali, ma di assoluto spessore.

Un tuo sogno o un tuo incubo legati al mondo della musica.

Ho un incubo ricorrente. Mi perseguita da anni, sogno di arrivare nel luogo dove devo tenere il concerto e il tempo stringe ma, puntualmente, mi accordo di essermi scordato a casa qualcosa… make up, abiti di scena. Tipico “sogno d’ansiogeno”, come li definisco io.

Tre opere d’arte, libri o film che porteresti su un’isola deserta.

Cara Cristina questa è l’unica domanda che speravo tu non mi rivolgessi. Probabilmente, conoscendomi, ogni giorno ti darei una risposta diversa, perché amo talmente tanto l’arte e i suoi diversi volti, che è impossibile escludere qualcosa. Oggi porterei “I fiori del male” di Baudelaire, il “Requiem” di Verdi e “Il trionfo della morte” di  Bruegel, allegria no?

Una frase da incidere all’ingresso di ogni live-club, rivolta agli spettatori.

“Se siete venuti a vedere una tribute band state uccidendo la musica”.

Prossimi progetti, esibizioni o collaborazioni? Mi dicevi che stai lavorando a una nuova raccolta di poesie e a un album da solista…

Apparizioni live per il momento non se ne parla, anche se con la mia più stretta collaboratrice, stiamo pensando di mettere in piedi delle micro-rappresentazioni teatrali. Ho terminato un nuovo libro di poesie, di cui sono entusiasta. Inoltre ho scritto le canzoni e i testi di un album solista Black/horror metal nero come la pece, non voglio spoilerare nulla ma sarò affiancato da grandi personaggi e ospiti ben noti nella scena. Penso sarà il mio canto del cigno, ho iniziato con il metal estremo nel ‘93, forse è tempo di evolvermi.

Grazie a tutti i lettori e a te Cristina, un abbraccio al popolo oscuro.

N-IKONOCLAST

<Grazie di cuore a te, Nicola!>