Era la primavera del 2021: prospettive incerte e una depressione dilagante. Una vera e propria ondata oscura che tutti dovemmo imparare ad affrontare. E chi in quell’elemento già nuotava abilmente ha saputo distillare dei veri capolavori di dark wave. Una presenza importante, quella degli Hapax, sulla scena nazionale, e persone deliziose: Alessandra, Michele, Diego e Francesco.
La prima domanda fatale, come sempre: qual è l’origine del nome della vostra band?
Hapax deriva dall’espressione hapax legomenon che in greco antico significa “detto una volta sola”. In filologia il termine indica una forma linguistica che compare appunto una sola volta nell’ambito di un testo, di un autore o dell’intero sistema letterario di una lingua. Abbiamo scelto questo nome proprio per il senso di unicità al quale rimanda: in un genere musicale ormai ben codificato come il “goth” in generale, speriamo di riuscire a declinare in maniera del tutto personale e riconoscibile determinati stilemi. Questo influenza anche il processo compositivo dei testi e la loro, spesso, non immediata accessibilità (ma forse in un modo più inconsapevole che intenzionale).
Parlando di unicità, ogni brano è irripetibile e contiene un frammento dell’identità della band. Ce n’è uno in particolare che vi assomiglia o vi rappresenta più di altri?
Vitriol è forse il pezzo che ha dato maggiore visibilità alla band. Ma in realtà non crediamo esista davvero un brano che possa da solo sintetizzare tutto il mondo Hapax, sia da un punto di vista strettamente musicale per ciò che riguarda i suoni, gli arrangiamenti, gli strumenti usati, sia per quanto riguarda i contenuti. Sin dagli esordi abbiamo cercato di strutturare un progetto “dinamico”, alla ricerca di un’evoluzione continua brano per brano, cui ha contribuito anche la scelta negli anni di sperimentare e contaminare.
Hapax, Napoli e il resto del mondo. C’è un luogo che vi ha ispirato o insegnato qualcosa?
Napoli è la nostra terra e abbiamo un legame fortissimo con essa. È anche in onore delle sue origini greche e della sua complessità unica che abbiamo scelto il nome della band, così come Cave sotto molti aspetti parla di Napoli, delle sue profondità fisiche e culturali. Negli anni però abbiamo anche avuto la possibilità di viaggiare molto in Europa, negli USA e in Sud America e tutti i luoghi e, soprattutto, le persone che abbiamo incontrato ci hanno lasciato un segno che ha ispirato profondamente le nostre canzoni. L’influenza delle serate berlinesi, i lunghi viaggi nelle zone deserte della Spagna o i misteri delle terre sudamericane, le sensazioni meravigliose suscitate da tutti quelli che ci hanno supportato nel corso di questi anni di live, si ritrovano nella malinconia o nell’energia dei nostri dischi.
I vostri testi sono veri e propri componimenti poetici, e vi siamo grati di aver scelto di stamparli nei vostri booklet. A chi sono mentalmente dirette queste parole, quando vengono scritte e quando vengono cantate?
Quasi tutti i testi sono scritti da Alessandra dopo che sono già stati registrati un primo arrangiamento musicale e la linea vocale. Spesso è l’atmosfera del pezzo stesso a suggerire le parole, magari evocando un’immagine da cui partire o un mood. Alcuni brani, soprattutto in Cave, sono ad esempio più introspettivi, mentre altri vogliono avere una portata più “universale”, tipo Sacred part II che è quasi un appello contro un certo oscurantismo del nostro tempo. Come qualsiasi forma creativa, le parole nascono senz’altro da un’urgenza di dire e da una interiorità del tutto individuale, ma sono anche intessute di citazioni e di rimandi, perché inevitabilmente ciascuno di noi è il prodotto di debiti intellettuali di varia natura. E chiunque vi si ritrovi in una certa misura, può appropriarsene, a sua volta mentalizzandole attraverso il proprio sentire.
Potete fare un ringraziamento speciale ad una persona speciale, per un motivo a vostra scelta…
Un primo, imprescindibile ringraziamento va fatto a Valerio Lovecchio della Swiss Dark Night, che ha sempre creduto in noi, ci ha sempre sostenuti e ci ha sempre lasciato la massima libertà espressiva (il che non è mai scontato da parte di una label). Inoltre vorremmo ringraziare una persona speciale, molto vicina alla band, che è Mario Mozzillo per il suo costante incoraggiamento e per la sua amicizia.
Un messaggio per tutti gli ascoltatori e i musicisti che ci stanno leggendo.
L’augurio è quello di tornare quanto prima a una sorta di normalità per ritrovarci tutti insieme. Ci mancano moltissimo il palco e la condivisione con il pubblico. Vorremmo esprimere il massimo sostegno a tutti i gestori di club, promoter e lavoratori del mondo dello spettacolo per il momento drammatico che stiamo vivendo.
Edit 2024: gli Hapax hanno annunciato il proprio scioglimento nel febbraio del 2023, lasciando non poco sconcerto e rammarico. Ma per ogni porta che si chiude…
Una discografia eccezionale è ancora disponibile su Bandcamp e, naturalmente, possiamo seguire sui social le evoluzioni di questi grandiosi artisti.