#darkinsight – Intervista ai 30 Denari

La vicinanza geografica, il passaparola, la curiosità e l’entusiasmo. Ma anche l’inquietudine e l’anticonformismo. A volte gli incontri con i musicisti nascono così, da affinità inconsapevoli. Rispondono ai miei quesiti Crez e Zuzu, rispettivamente voce e chitarre dei 30 Denari.

Come da tradizione, comincio con il chiedere qual è l’origine del nome della vostra band…

CREZ: Essendo cresciuti in un paese cattolico abbiamo voluto usare un simbolismo che si ritrova nel Vangelo. I 30 denari sono il prezzo con il quale Giuda vende il suo messia, Gesù Cristo, ai suoi aguzzini. Un gesto infame, che una volta era universalmente condannato. Il tradimento è una ferita profonda per chi lo subisce, essa duole anche quando guarisce, perché raramente guarisce completamente. Giuda si impicca per il senso di colpa generato dal suo gesto. Oggi abbiamo sostituito qualsiasi valore con il denaro, tutto è concesso se porta soldi. Viviamo quindi nell’era dei “Giuda”, noi vogliamo essere i 30 Denari che vi tintinnano nelle tasche, per ricordarvi la fine che ha fatto Giuda Iscariota.

“Noi siamo il nostro passato”. Ognuno di voi ha un passato artistico piuttosto ricco e indipendente: in che modo le vostre esperienze contribuiscono al sound dei 30 Denari?

CREZ: ho sempre amato tutta la musica, soprattutto quando ha una vena di malinconia. Con la mia band Oi! I Raptus spesso facevamo la cover di “Boys don’t cry” dei The Cure. Mi è sempre piaciuto spaziare nella musica senza paletti. Amo scrivere testi di critica sociale e di riscatto, con i 30 Denari ho iniziato anche a scrivere cose piú introspettive, spero che piacciano.

ZUZU: Il mio approccio alla musica è sempre stato trasversale e senza Dogmi. Ascolto molti generi diversi che sicuramente lasciano tanti input e influenze nella mia mente e nel mio cuore. Ho sempre amato musicisti dissacratori e innovatori che mi hanno insegnato ad amare gli ibridi e le mescolanze di culture e visioni. Ho militato in formazioni di Metal oscuro, dal goth alla musica etnica e ritualistica e band neofolk… passando per il punk o l’industrial. Il denominatore comune è cercare una via alchemica per unire questi generi in qualcosa che rappresenti un modo di unire anziché dividere in generi o scene musicali.

Un album di debutto con un titolo particolare: “Banco dei valori morali”. Quali contenuti avete voluto veicolare in questo disco?

La crisi di valori è sotto gli occhi di tutti, abbiamo raggiunto il fondo ed abbiamo iniziato a scavare a due mani. Come dicevamo poco prima, il denaro ha sostituito ogni cosa, e siamo sempre più tristi, più soli e meno solidali tra noi. Questo ep è la prefazione ad un’analisi più approfondita che snoccioleremo nelle future release che abbiamo già pronte in “canna”, se “non ci resta che piangere” proviamo almeno a farlo con stile.

Qual è il sacrificio più significativo che avete voluto o dovuto fare per la musica?

CREZ: Il tempo. La musica richiede molto tempo, una canzone di pochi minuti si crea solo dopo molti anni di studio e di pratica quotidiana. Ma non lo vedo come un sacrificio, piuttosto come un investimento: il piacere di saper suonare o cantare quella canzone ti ripaga di ogni sforzo. I sacrifici economici per comperare gli strumenti e pagare prove e registrazioni… quelli sì, son sacrifici. Speriamo che paghino altrimenti ci troverai a scollettare in stazione a Mestre!

ZUZU: Neppure io ho mai pensato alla musica in termini di sacrifici. Passo intere notti a suonare, comporre o registrare, e giorni a pensare a come migliorare la band, ma anche sinceramente come coltivare la voglia delle persone di ascoltare e supportare nuova musica… Si è persa un po’ di curiosità e di voglia di ricerca e condivisione nel far crescere un percorso alternativo al main stream imposto per comodità e sicurezza.

Interno notte: raccontateci un vostro sogno e un vostro incubo.

Sogno: mi sveglio in un’isola deserta circondato da palme da cocco e barriera corallina, ho tutta l’attrezzatura per la pesca in apnea, ho la mia fisarmonica, ci sono i ragazzi della band con i loro strumenti e tutte le nostre consorti impariamo a fare la birra con il cocco e viviamo felici e contenti. Abbiamo anche le galline.

Incubo: tutto come prima, ma accanto a noi si sono salvati anche degli Zanza con un ghettoblaster della madonna che funziona a pannelli solari e che suona solo “Despacito” dalla mattina alla sera.

Oggi sono molte le band dark che non temono l’utilizzo della nostra lingua, si tratta di una scelta artistica sdoganata. Per voi quale importanza o quale funzione ha il cantato in italiano?

CREZ: sono un poliglotta e nella mia testa ragiono in molte lingue diverse, ci sono canzoni che sento in italiano e altre in altre lingue o in un mix di esse. Amo molto i “Franti” storico gruppo della Blu Bus records con alla voce la fantastica Lalli… sono loro credo che mi hanno fatto innamorare di certe sonorità, anche loro cantavano pezzi in italiano già nel 1983. Mi sono formato con il punk/Hc italiano degli anni 80/90 dai Wretched ai Nabat, dai Bloody Riot agli Stab… l’italiano è una scelta che proviene da quel sentire, ma oggi la musica è piú internazionale che mai, quindi troverete dei pezzi in italiano, ma anche molto altro.

ZUZU: La band è nata anche per rendere omaggio alle sonorità con cui sono cresciuto. Ci sono dischi che tuttora sono avanti anni luce sulla scena Punk-Wave/industrial. I Diaframma, i primi Litfiba (per me Desaparecidos è una pietra miliare della musica), i Limbo (i loro album anche oggi hanno suoni inarrivabili), i Pankow e i Disciplinatha… che hanno anticipato NIN e Skinny Puppy su tanti aspetti. E infatti abbiamo scelto proprio Cristiano Santini (Voce dei Disciplinatha, Dish-is-Nein, X.N.X) dietro alla console per rifinire il nostro sound.

Il piacere di confrontarsi con band emergenti è (quasi sempre!) quello della trasparenza delle loro visioni. Mauro degli A Void Dance ci ha raccomandato voi, voi quale altra band emergente vi sentite di consigliarci?

Mmm…

CREZ: They Die, The Sade…. Per restare nelle nostre zone assieme appunto alla band di Mauro, A void Dance, sono tra le cose più interessanti che ho sentito recentemente. Verso la Lombardia mi piacciono molto i Clone Culture, sul piano internazionale invece Rykarda Parasol trovo sia una musicista eccezionale. Anche Emily Fairlight dalla Nuova Zelanda spacca di brutto.

ZUZU: oltre alle band citate da Crez, Ci sono ottime band che mi piacciono assai nella scena italiana composte da persone eccezionali e gran musicisti tipo Les long Adieux/Il lungo Addio, I Soft Scent, i nostri concittadini Karma Voyage, i Reversed Chakra.

Tre dischi, libri o film che portereste su un’isola deserta (risponda chi si sente più motivato a trasferirsi su un’isola deserta!)

CREZ [che si augura l’isola deserta da quando è piccino]

Dischi:

Kina: Se ho vinto se ho perso

Jimmy Cliff: The harder they come

Ed uno recente: Mother of Gloom: Emily Fairlight

Libri:

…ed in ogni caso nessun rimorso (Pino Caccucci)

I briganti (antico romanzo cinese), traduzione di Franz Kuhn

Il Milione (Marco Polo)

Film:

Into the wild (Sean Penn)

La Haine (Matthieu Kassovitz)

Trainspotting (Danny Boyle)

ZUZU:

Dischi:
Katatonia: The great cold Distance
Paradise Lost: Host
Das Ich: Got ist Tot

Libri:

Lettere Da Iwo-Jima
L’opera al nero
I demoni di Dostoevskij

Film:

In nome del padre
Il Cielo sopra Berlino
Trainspotting

Una frase da incidere all’ingresso di ogni live-club, rivolta agli spettatori…

Non essere solo un voyeur, partecipa.

Salta, balla, canta, brucia di vita!

Il telefono lo puoi guardare mentre vai al cesso.

***

Ringraziamo i 30 Denari per averci raccontato la loro visione del lato oscuro della musica. Qui sotto una manciata di link per ascoltarli con le vostre orecchie e guardarli con i vostri occhi… Enjoy!

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