Era l’inizio del 2021 e parlare di trasformazioni e reinvenzioni mi sembrava particolarmente pertinente. Fu così che da un’intervista ai Templebeat passammo a un’intervista ai Templebeat Ltd: Giorgio Ricci e Simone “Scar” Scarani.
Le presentazioni cominiano dal nome: anche se è abbastanza intuibile, perché “Templebeat” e perché “Templebeat ltd”?
G. Quella dei Templebeat è una storia lunga iniziata negli anni 90, durata una decina di anni intensi pubblicando parecchi lavori discografici per un mercato prevalentemente estero. La band si sciolse alle porte del nuovo millennio ma tentammo in seguito una reunion con la voce di Scar (First Black Pope, Frukteti, They Die). Pubblicammo un album per la Silentes Rec poi ci fermammo ancora. Infine nel 2019 alcune etichette mi contattarono perché interessate alla ristampa in vinile del primo lavoro (Interzone) in versione demo. Tra queste la spagnola Aspecto Humano Rec si prese l’onere del difficile lavoro di pulizia del suono affidandone la masterizzazione al produttore e D.J. Olandese Alden Tyrrel. Da qui l’idea di riproporre il progetto con il nome mutato in L.T.D. dato che solo io e Scar adesso ne facciamo parte.
Ogni brano originale che venga scritto con onestà dovrebbe contenere degli elementi di novità per i quali potrebbe essere considerato “sperimentale”. Cos’è per voi la sperimentazione nel senso profondo del termine?
G. Sperimentare nella musica significa per me trovare soluzioni oblique ad ogni composizione, intraprendere strade buie e contaminarsi continuamente con generi diversi magari di culture lontane. Sono molto più legato al concetto di produrre musica ispirata ai continui mutamenti dei contesti storici e sociali che viviamo che alle tecniche di esecuzione con strumentazioni non convenzionali. Sperimentare è quindi una ricerca di un linguaggio per legare le diversità.
Il vostro suono si compone di voci, percussioni, campionamenti, effetti, “suoni” appunto… esiste una ricetta collaudata per comporre un insieme armonico con tutti questi ingredienti?
G. Una ricetta che si chiama “chirurgia” del suono. Un taglia e cuci ossessivo fino alla ricerca della vibrazione ed estetica migliore. Un modus operandi che rispecchia la nostra inquietudine creativa.
Una vasta ed intensa produzione originale, più alcune cover. Qual è quella per voi più significativa e qual è quella che non avete mai/ancora realizzato?
G. Tra i vari singoli e album come Templebeat riguardo sempre con orgoglio la nostra presenza in una decina di compilation in compagnia di grandissimi nomi della scena electro e non solo come Killing Joke, Front 242, Fear Factory, Rammstein, Wumpscut e molti altri..
Spesso riappare un cover dei Joy Division (She’s Lost control) a ricordare le nostre origini e in particolare i miei primi approcci con gli strumenti musicali.
Potete fare un ringraziamento speciale ad una persona speciale.
G. La lista è interminabile ma ho spesso in mente i COIL che mi regalarono due concerti indimenticabili, intensi e profondi prima di andare in paradiso.
Dove ascoltare i Templebeat Ltd? Un piccolo assaggio c’è su Bandcamp, ma tenete le orecchie tese…